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La Bibbia, la Costituzione e la Caritas in Italia (dopo 50 anni)

La Bibbia, la Costituzione e la Caritas in Italia (dopo 50 anni)

17/06/2021 Giuseppe Laganà

Di Giuseppe Laganà

Il 2 luglio la Caritas Italiana compie 50 anni. Nata per decisione di Papa S. Paolo VI, a partire dalle riflessioni del Concilio Vaticano II, in questo articolo alcune riflessioni sulla sua identità e il suo ruolo dentro la Comunità cristiana e non solo.

 

                                                                                          (foto tratta dal web)

“Non ventilare il grano ad ogni vento
e non camminare su qualsiasi sentiero:
così fa il peccatore che è bugiardo.
Sii costante nelle tue convinzioni,
e una sola sia la tua parola.
Sii pronto nell’ascoltare
e lento nel dare una risposta.
Se conosci una cosa, rispondi al tuo prossimo;
altrimenti non aprire bocca.
Nel parlare ci può essere gloria e disonore.”

Libro del Siracide cap 5, 9-13

L’essere umano, sin dall’inizio ha nella relazionalità una delle sue caratteristiche fondamentali ed ineludibili. E fin da subito è inserito dentro una trama relazionale articolata e complessa che coinvolge innanzitutto i genitori (che lo diventano un po’ alla volta in un difficile “apprendistato” che non si fa da soli) e le altre figure accudenti che gravitano intorno a lui; che lo orientano, lo sostengono nel difficile processo di maturazione che richiede innanzitutto tempo, ascolto e tanta pazienza.

Accanto a loro, c’è bisogno, di una Comunità capace di farsi prossimo nell’accogliere, sostenere accompagnare armonizzando per quanto possibile rapporti familiari, amicali, l’azione di enti ed istituzioni di natura privata e pubblica che espletino con efficacia i compiti che la Carta costituzionale prescrive loro. (solo per fare alcuni esempi : l’art. 4 sul lavoro; l’art.3 che tutela la dignità di tutti i cittadini; l’art. 32 sulla tutela della salute; l’art. 34 sul diritto all’istruzione per tutti).

Una Comunità che sin da subito imposta, organizza i diversi interventi prendendo in considerazione l’intero ciclo vitale della persona e il contesto in cui vive, da il giusto rilievo alla Politica quale più alta forma di carità in grado di guardare alle risorse, alle difficoltà della persona considerandola parte di un microcosmo in cui all’inizio sperimenta una sorta di “reciprocità asimmetrica”. L’attenzione al neonato, al bambino  è paradigmatica del prendersi cura del più debole ed indifeso.
Non è un caso la tenerezza con cui nei Vangeli il Cristo parla di loro e quanto possa essere grande l’odio per essi come raccontato nell’episodio della strage degli innocenti, con Erode principale protagonista.

Allora, un progetto politico lungimirante prevede l’investimento in competenze e risorse economiche per garantire la massima diffusione dei Servizi alle famiglie sui territori in cui è tutto il sistema familiare fin dal momento in cui si costituisce a dover entrare nel raggio d’attenzione della Comunità e dei Servizi presenti al suo interno, senza aspettare che ci sia un qualsivoglia disagio, per favorire la piena attuazione del diritto alla vita, al gioco, all’istruzione, al lavoro, alla salute nella sua accezione più ampia.

Alcuni esempi di una politica che tiene in grande considerazione il benessere della persona e della comunità, sono la diffusione degli asili nido, considerare i cortili, le piazze come luoghi d’incontro tra persone, spazi in cui i bambini possano giocare liberamente; la tutela della salute psichica non come una possibilità per pochi privilegiati ma un diritto di ciascun cittadino. E poi una scuola che include e non espelle chi fa più fatica, che non sovraccarica i docenti di compiti che poco hanno a che fare con la funzione dell’insegnamento. Ed infine pensare il lavoro come un’opportunità per valorizzare la dignità della persona, il talento, che non fagocita gli altri ambiti di vita quotidiana: il tempo libero, il farsi carico di chi ha bisogno di assistenza perché anziano o malato.

Se quanto su delineato è vero, è compito permanente della Caritas salvaguardare innanzitutto il legame tra Giustizia e Carità, per svolgere appieno il suo mandato di organismo pastorale impegnato nella testimonianza del Vangelo della Carità; e lo è ancora di più oggi nel momento in cui occorre vigilare con attenzione e lucidità sull’allocazione delle risorse economiche, dei beni e servizi, evitando che gli ultimi diventino sempre più ultimi.

Occorre anche ribadire con forza che la Caritas pur rifuggendo da uno spiritualismo disincarnato non può e non deve trasformarsi di fatto in una sorta di “agenzia della carità” che rincorra la soddisfazione di qualsivoglia bisogno assecondando una sorta di “titanismo nel fare” che fa perdere di vista il senso della propria identità e del proprio limite. Sarebbe ancora peggio, scivolare negli interventi propri di un centro di consulenza ed informazioni.

Inoltre, il dovere per mandato statutario, di camminare insieme con i compagni di viaggio più diversi non le deve far dimenticare la necessità della profezia, del pronunciare parole scomode soprattutto nei passaggi più difficili e delicati della vicenda umana; quelli in cui la Speranza esce malconcia dal confronto con i drammi e le tragedie della storia.

“La Speranza viene a noi vestita di stracci perché le confezioniamo un abito da festa”, scrive Paul Ricoeur. E nelle Scritture c’è un episodio, tra i tanti, che evoca l’abito povero che la Speranza indossa: la fuga, lunga, disperata del Profeta Elia che scappa dall’inseguimento dei sicari della regina Gezabele* (cfr. 1 Re 9, 3-8). Elia attraversa il deserto attingendo a tutte le proprie energie fino a quando sfinito cade a terra disperato ed invoca il Signore perché gli dia la morte. All’improvviso precipita in un sonno profondo e al risveglio, con sua grande sorpresa, trova accanto a sé del pane e un orcio d’acqua. Non monete, magari una spada, ma quanto è necessario per recuperare le energie per rialzarsi e riprendere il cammino. Poche, semplici cose. Insieme alla certezza di non essere stato abbandonato, fiducioso nella potenza della Parola, di cui avrebbe ripreso ad essere testimone.

Per finire, forse c’è un equivoco che va definitivamente risolto innanzitutto a livello linguistico: la differenziazione semantica tra povertà e miseria. Elia ha bisogno di cibo, di acqua, di un abito da indossare per proteggersi dal freddo, di un’aria respirabile, della luce, della fiducia di Colui e di coloro che lo amano per quello che è. Quindi, per estensione, essere poveri nel senso della sobrietà, dell’attenzione a ciò che essenziale oltre ad essere un obiettivo, può diventare uno stile di vita in linea con il Vangelo; con la visione dell’uomo figlio di un Dio Padre amorevole e misericordioso. La miseria è qualcosa che è contro l’uomo, la sua dignità, il suo diritto a vivere una vita che non sia un’anticipazione dell’inferno su questa terra.

Compito della Caritas -fedele alla scelta preferenziale degli ultimi, è contrastare senza tentennamenti l’insieme delle scelte culturali e politiche che di fatto legittimano e mantengono il divario tra chi gode del giusto e anche del superfluo e chi è costretto ad un percorso ad ostacoli affinchè gli venga riconosciuto ciò che gli spetta di diritto.In altre parole non si affiancano i primi per dare le briciole agli ultimi. Sia di monito ciò che nel Vangelo si contesta al ricco Epulone: la fascinazione per la ricchezza che tratta l’Altro da Sè come un reietto e non un fratello.

C’è un legame inscindibile tra Giustizia e Carità. Mi piace immaginarle come due sorelle in perenne relazione con una terza: la Misericordia, che non è espressione di sterile buonismo, ma colei che ci ricorda che chi è senza peccato scagli per primo la pietra. Un altro modo di dire che nessuno può arrogarsi il diritto di essere giudice implacabile dell’altro ed inchiodarlo permanentemente ai suoi errori. Lo dicono i Vangeli, ne ha preso spunto la Costituzione di questo scalcagnato, ma straordinario Paese. La Caritas, per quel che le spetta, per mandato statutario, dovrebbe essere custode gelosa di questa relazione triadica, in ogni circostanza e non dimenticarlo mai.

Note * Ermes Ronchi, Al Mercato della Speranza, Paoline Editoriale Libri pp. 136

 

 

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4 thoughts on “La Bibbia, la Costituzione e la Caritas in Italia (dopo 50 anni)”

  1. Alberto Di Gennaro ha detto:
    16/07/2021 alle 00:22

    Come sempre l’amico Giuseppe riesce a dare sempre il meglio di se con la giusta chiave di lettura ed interpretazione entrambe scorrevoli e comprensibilissime così come deve essere per poter interpretare concetti che ai più sino sconosciuti o volutamente ignorati .
    Compimenti ed attendiamo altri spunti di utile riflessione.
    Grazie Giuseppe

     
    Rispondi
    1. Giuseppe Laganà ha detto:
      19/07/2021 alle 09:05

      Grazie Alberto,
      per il tuo commento. Di cuore. Quello del farsi capire è un obiettivo imprescindibile, altrimenti c’è il rischio di parlare a sè stessi.
      Un caro saluto
      Giuseppe

       
      Rispondi
  2. Emi ha detto:
    03/07/2021 alle 16:20

    Chiaro, ben scritto e incisivo

     
    Rispondi
    1. Giuseppe Laganà ha detto:
      19/07/2021 alle 09:08

      Grazie Emi.
      Chiedo scusa per il ritardo con cui rispondo. Lo sforzo va nella direzione della chiarezza e dell’incisivita.
      Buona estate ed un cordiale saluto
      Giuseppe

       
      Rispondi

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