Quando si dice i casi della vita! Che uno pensa, vado dai Comboniani o vado al Pime?
Vabbè, vado dai Comboniani col motorino, che da Via Guinizelli a San Pancrazio è pure salita! Poi lega il motorino lì di fuori, entra, colloquia, grazie tutto bene, esce e… m’hanno fregato il motorino! Ed è così che Daniele Mazza decide che forse è meglio provare al Pime, il Pontificio Istituto Missioni Estere che di Monteverde è cuore e istituzione da una vita, nell’intimo scorcio di Via Guerrazzi, che da casa in Via Guinizelli ci si arriva a piedi, che è meglio!
Daniele è un figlio del quartiere, trafila d’ordinanza scolastica alla Crispi, Bixio, Quintino Sella. Per la parrocchia, è di Regina Pacis, Padre Luigi Emiliani al tempo, il parroco dei fermenti spirituali, i gruppi giovanili, giornale, conferenze, testimonianza attiva e condivisione, apertura al mondo esterno e grosse sfide di pallone e volleiboll. “Padre Luigi – gli chiede Daniele – vorrei provare a frequentare i missionari, il loro mondo, vorrei provare a vivere nel mondo, per dargli la mia mano”. E don Luigi gli prospetta lì vicino i Comboniani o il Pime, e sappiamo com’è andata.
Cioè, questo ragazzo adolescente avverte qualcosa dentro di sé, un po’ sarà lo zio sacerdote, don Arturo da Teramo, un po’ una missionaria laica che lo stupisce quando ne legge il testamento spirituale, fatto d’un gran tesoro d’esperienze e di condivisioni e comprensioni. Col gruppo catechisti di Regina Pacis serve pasti caldi alla mensa di Via Dandolo, e quando un signore senza casa e niente soldi gli chiede “Daniele, siediti a mangiare con noi, che noi abbiamo fame di parole, non soltanto di cibo”, Daniele – un poco titubante – si siede e mangia insieme agli ultimi e gli parla, ma soprattutto ne ascolta la parola. Dopo le superiori è tutto un turbinio. Un anno di Luiss e poi Daniele entra in seminario. Due anni di filosofia a Roma, un anno di spiritualità, un anno a Detriot, United States, per imparare l’inglese, la lingua del mondo, se ci si vuol parlare.
E via, a capofitto dentro il mondo. “Ho incominciato nelle Filippine, per quattro anni – racconta Daniele – dove ho studiato teologia e d’estate andavo nelle missioni, al sud del paese. È qui che ho iniziato la mia esperienza interreligiosa, dialogando con i musulmani”. L’ordinazione sacerdotale arriva con la benedizione del Santo Padre. Giovanni Paolo II gli impone le mani nel 2004 e Daniele diventa ufficialmente un uomo di Dio! “Mi mandano a fare animazione missionaria in tutta Italia e dopo qualche anno parto per la Thailandia, che è diventata la mia patria adottiva! Sono tredici anni che sto lì. Sai quanti sono i cristiani in Thailandia? Lo 0,6 per cento di tutta la popolazione!” S’accasa presso la Parrocchia di Nostra Signora della Misericordia, nella Diocesi di Bangkok, la capitale. Una città immensa. Il territorio dove insiste la Parrocchia conta 550mila abitanti. I cristiani sono mille.
“Siamo quotidianamente a contatto con gli ultimi – racconta Daniele – quelli che vivono negli “slam”, le baraccopoli, in condizioni precarie di salute, a contatto con i carcerati, gli emarginati, i vinti”. Un missionario, don Daniele Mazza, che unisce l’impegno concreto di condivisione e di comprensione con lo studio e la cura del dialogo tra religioni, di cui è diventato un promotore eminente e riconosciuto.
“Ho studiato all’università buddista dove ho preso un master in Buddismo. Ho fatto amicizia con molti monaci buddisti ed ho chiesto alla mia stessa università di poter tenere un corso di cristianesimo. Ho avuto 22 studenti e non solo ho fatto loro da docente, ma li ho portati con me in Parrocchia, in giro, a contatto con i bambini disabili. I buddisti credono nel karma, e guardano i disabili con diffidenza, quasi fossero espressioni negative di precedenti vite peccaminose. Ma l’intimità con questi bambini, i loro sorrisi, hanno coinvolto i monaci e fatti ricredere, perché una persona è un qualcosa che va ben oltre il proprio stato fisico”.
“Il buddismo – continua nel suo appassionato racconto Daniele – è molto meditativo. Ma anche il cristianesimo è meditativo. Solo che il cristianesimo lo devi praticare per renderlo autentico, lo devi toccare con mano, nell’esperienza con gli altri. Sono andato nelle baraccopoli con i monaci buddisti. Non ti immagini neanche la felicità di queste famiglie così umili a vedersi entrare in casa quelle che per loro sono delle autorità religiose. Un po’ come se da noi venisse un vescovo, o un cardinale. E anche per i monaci, entrare nelle case di queste persone è stata un’esperienza totalizzante, che non avevano mai fatto prima. Ma ce lo ha insegnato Gesù, che entrava in casa degli umili, dei malati, dei poveri. Ecco la vera condivisione, al di là di ogni appartenenza, ecco la Parola.
“Sono stato parroco della mia parrocchia di Bangkok. Lì, come dovrebbe essere qui da noi, la parrocchia collabora con l’Autorità civile, mette a disposizione le proprie strutture, incontra le persone per capirne i bisogni e cerca di risolverli, promuovendo incontri, progetti. Porto i ragazzi in giro per le strade del nostro quartiere, ragazzi cristiani, musulmani, buddisti. Gli faccio sentire e toccare con mano le diverse realtà che vivono intorno a loro, insieme a loro. “Parliamo della scuola. Lì in Thailandia c’è la tendenza dei presidi ad accogliere gli alunni migliori, per dare prestigio e risalto ad ogni istituto, il cui livello si misura dai voti degli studenti. C’era una ragazzina disagiata, di famiglia difficile che viveva nella baraccopoli. La porto dal preside per iscriverla e quello storce la bocca. Gli dico, caro Preside, qual è l’alternativa? Lasciare sola questa ragazza? Lasciarla allo sbando? Secondo lei, qual è la scuola migliore? Quella dei buoni voti o quella che accoglie?
“Alla fine il Preside ha assegnato una professoressa a questa ragazza, ed ha avuto anche un premio dalla Municipalità per aver accolto con cura la ragazzina”. Continua intanto a studiare, don Daniele Mazza, anche da remoto, visto che in questi giorni è a Monteverde. Sta portando a termine un dottorato di ricerca, per riprendere i contatti con i buddisti. Vorrebbe riportare nella sua tesi l’esperienza di vita vissuta coi suoi ragazzi “interreligiosi” a contatto e a favore degli ultimi, perché anche le tesi, nelle università Thailandesi, devono essere pratiche, mettere al servizio della società tutto lo studio e l’impegno dei laureandi. Don Daniele Mazza, un monteverdino dedicato al mondo, dedicato al dialogo inter religioso e all’impegno quotidiano, per portare Gesù nel cuore e nelle braccia degli ultimi.
Emanuele De Luca
One thought on “Don Daniele Mazza, un monteverdino dedicato al mondo”
Stupenda testimonianza di una fede autentica ed illuminante! Grazie Daniele di esistere
One thought on “Don Daniele Mazza, un monteverdino dedicato al mondo”
Stupenda testimonianza di una fede autentica ed illuminante! Grazie Daniele di esistere