Mentre scrivo sto sentendo il consueto bollettino ad oggi più confortante, varianti permettendo, sul COVID19 e ripenso al termine ‘pandemia’ che fotografa ormai da oltre un anno e mezzo il virus.
La parola ‘pandemia’ sta a significare un epidemia con la tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti con i rischi che ormai tutti sappiamo e corriamo. Senza uno stile di vita di prevenzione e con gli accorgimenti che tutti dovremmo seguire vale a dire distanziamento, mascherine se necessarie e in particolare i vaccini i pericoli di ricadute possono essere dietro l’angolo.
Ma non intendo occuparmi ora di questo genere di allarme e dei suoi dettagli. Persone molto più qualificate di me lo stanno facendo egregiamente a partire dalle numerose schiere di infermieri e medici spesso stremati e contagiati cui va il nostro onore e affetto . Al netto della primaria urgenza a trarsi presto fuori da questa impostura del Covid 19 mi interessa invece il termine ‘pandemia’ al plurale cioè ‘pandemie’ vale a dire quelle che si riferiscono al nostro malato vivere sociale rassicurando il lettore che non voglio allarmare nessuno paventando altri virus oltre quello che ci spetta di purgatorio ma che proprio il Coronavirus, date le ristrettezze, forse ci spinge a ricordare.
In Italia tante infezioni morali sono divenute vere pandemie che si estendono al di là delle nostre case e si diffondono oltre i nostri spazi personali di convivenza infettando quelli di prossimità .
Nella società dei consumi condita di relativismo e individualismo con il frequente uso quasi narcisistico dei social network si è da tempo cronicizzata la pandemia dell’indifferenzaverso alcuni problemi di coesistenza sociale nei nostri territori a partire dalle questioni ambientali. Si aggiungono quelle irrisolte sul rispetto dei beni comuni e dei doveri di buon vicinato, quello etico di minima correttezza delle regole sociali e commerciali fino alla frequente denigrazione del prossimo soprattutto attraverso i ‘media. E’ il trionfo dell’ ego (ismo) dove ognuno di noi non vuole essere disturbato nell’esercizio della propria libertà (o libertinaggio?) qualunque essa sia pur di assecondare istinti, prevaricazioni e sopraffazioni sui diritti degli altri. Continua il mancato esercizio dei doveri (la Costituzione docet) con il costume di identificarli nell’ antiquata ideologia degli odiati obblighi moralistici mentre quegli stessi doveri, espressioni della disponibilità verso gli altri, esprimono in realtà una solidarietà che fa del bene non solo a chi la riceve ma anche a chi la offre.
Una variante pandemica figlia della precedente la troviamo nella mancata coscienza sulle gestioni dei beni comuni. E’ un morbo talmente cronicizzato e diffuso che solleva altre malattie come i pregiudizi sui diritti sociali e sul senso della comune appartenenza ad una collettività che necessità della naturale condivisione e del rispetto di strutture sanitarie, scolastiche, economiche, lavorative e così via. La carenza di senso della comunità e del bene comune assume una ‘morbilità’ talmente diffusa che ormai anche nella pubblica opinione viene considerata, purtroppo, solo una goliardica assuefazione italica.
Altra ‘variante’ la ritroviamo nella frequente sordità al pensiero altrui cogliendo occasione quasi sempre nel prevaricare sul discorso, anche in pubblici dibattiti televisivi o meno che in apparenza siamo disposti ad ascoltare quando invece vogliamo imporre le nostre idee resettando con arbitrio quelle degli altri in quanto giudicate vili e inconsistenti.
Ma non sfugge un altra pandemia come un certo tipo di accidia vale a dire indolenza e inattività volontaria di fronte alle urgenze e ai richiami della società in trasformazione dove il nostro apporto, quello di ognuno di noi, deve essere presto realizzato per un reale cambiamento in melius delle strutture di convivenza a partire da quelle etiche e sociali.
E’ il morbo della negligenza a non realizzare opere di benessere anche piccole quando se ne ha la capacità ma non la voglia magari solo per una cronica pigrizia. Una fra le tante ad esempio è la riconversione di strutture dismesse e non utilizzate come taluni edifici per l’accoglienza di persone in difficoltà economica o famiglie povere senza casa (pensiamo alla mancata dismissione di caserme). O all’urgenza di spazi per i bambini e i ragazzi all’aperto dotati di infrastrutture protettive e socializzanti sportive e culturali. Ma anche alla rigenerazione delle strutture sanitarie ora più che mai da sintonizzare con le agenzie di tutela dell’ambiente. La Chiesa sul territorio grazie a Dio offre in questi campi forse unici esempi di concreta accoglienza, fraternità ai più poveri e alle famiglie in difficoltà economica.
Certo la salute in particolare in questi momenti è materia principe per sensibilizzare l’opinione pubblica.
E allora oltre a prevenire epidemie con una reale profilassi ed educazione sanitaria nelle scuole di ogni ordine e grado urge come ci indica Papa Francesco uno sviluppo umano integrale che neutralizzi le pandemie della incuria nel gestire l’ecosistema o peggio nel depredarlo mediante una nuova cultura dell’ambiente eticamente motivata e coniugata con l’ educazione alla salute e alle fraterne relazioni sociali.
Per noi cristiani è una sfida epocale abile a provocarci nelle oblique tentazioni dei dubbi e delle incertezze ma prima di tutto occasioni per modificare i nostri comportamenti verso una maggiore disponibilità a sentirci ‘fratelli tutti’ e fare finalmente un bel trapianto nel cuore nostro e delle persone, ormai consumato, con il Cuore di Cristo che mai si corrode.
Patiamo da decenni per non dire da secoli, sarebbe troppo retorico, un altra pandemia forse la più grave di tutte : l’assenza di una vera cultura della vita sospinta da tanti che ne fanno anche un pretesto per selezionare i diritti di chi può vivere o deve lasciare questo mondo. Gli esempi non si contano troppo sono noti, e sempre emergono laddove si concedono fasulli esercizi alla libertà di scelta se annullare o meno una vita umana dall’inizio alla terminazione naturale.
Ora trovare l’antidoto al Coronavirus è il primo dovere ma il vaccino a quelle pandemie psicosociali va subito realizzato e somministrato con determinazione pena lo scollamento della società che deve progredire verso frontiere di fratellanza, giustizia e benessere.
Pier Luigi Gregori
giornalista
autore RAI
Roma 6 luglio 2021
One thought on “PANDEMIA…e PANDEMIE”
Esposizione interessante e ricca di contenuti sociali, etici, morali , tristemente per molti versi volutamente calpestati per tanti sentimenti e comportamenti nettamente opposti.
Complimenti e buon proseguimento
One thought on “PANDEMIA…e PANDEMIE”
Esposizione interessante e ricca di contenuti sociali, etici, morali , tristemente per molti versi volutamente calpestati per tanti sentimenti e comportamenti nettamente opposti.
Complimenti e buon proseguimento